E’ rosso.
Ringrazio per l’obbligo di pausa che
mi toccherà “mio malgrado” fare e per l’auto presente al semaforo che mi
da la possibilità di chiedere un
informazione di cui, peraltro , so già la risposta .
Funziona così, nei frangenti in cui la stanchezza si fa
sentire mi cresce la paura di sbagliare
percorso e, anche se non ci sono alternative di strada, il sentirmi dire che
sono sulla via giusta mi rinfranca donando un surplus di fiducia in me stesso ( - visto
che non hai sbagliato andrea ? )
E’ una vecchia Fiat Punto color grigio
anonimo condotta da un personaggio
attempato (forse col il cappello) .
Scatta il verde mentre il vetro della
vettura si abbassa in modo non omogeneo
denotando l’assenza di vetri elettrici , tutto è calmo, l’aria è ferma ,
non c’è un anima ulteriore in giro oltre
a lui, me e la mia stanchezza.- Mi
scusi, per Bormio ?
La risposta è quella che sapevo ,
quella che volevo sentirmi dire .
Due chiacchere veloci con il gentilissimo personaggio mi portano ad
indagare sulla distanza
- 10
km e passa la paura , affermo sorridendo
A volte bisognerebbe imparare a stare
zitti …..
- No
no , saranno almeno 20 e le tocca fare
anche della salita .
Delusione forte …. sconsolazione/dolore
mentale.
E’ sempre una botta strana quando le
tue certezze si sgretolano in un attimo
e lo è ancora di più in un momento di stanchezza estrema.
E’ un attacco alla tua positività, al
tuo lavoro mentale che, peraltro, non
sortisce nessun effetto negativo vista
la poca distanza che mi divide dalla linea
finisher.
Pochi istanti per riassettare la mente
digerendo le nuove tempistiche e la ruota scivolava già sull’asfalto col suo
rumore caratteristico .
Qualche minuto per dirmi “ dai Andrea
adesso ti metti d’impegno e vedrai che
….”
Pochi secondi per sorridere verificando sul mio Garmin ,
che l’impegno produceva una
velocità variabile dai 18km ai 22 km
orari in pianura il che si traduceva,
sfruttando un’ equazione istantanea, ad oltre un ora di pedalata .
Pazienza , serviva solo un altro
attimo di pazienza (tanta ne avevo già messa in fondo) per concludere,
respirando un'altra forte emozione, quel gioco iniziato ormai da 35 ore e conosciuto
col nome di Valtellina Extreme.
Colpa (fortuna) di una locandina intrisa da una particolare
aria magica. Un immagine con il potere di rapirti e trasportarti dentro ad una
sfida dura ed emozionante, immersa in uno spettacolo naturale dei più maestosi
dove carpisci la potenza della natura riprendendo le sembianze di una piccola
parte di essa.
Occhi fissi su quei numeri da paura, 467 km , 12.550 metri
D+ mentre quella misteriosa forza spinge sempre maggiormente.
Non il 467 ma i 12.550 D+ , erano loro
che giravano vorticosamente nella mia mente
lavorandomi ai fianchi come capita ad un pugile in difficoltà chiuso
all’angolo.
Era una decisione presa in
partenza (mi succede sempre così), seguita a breve dalla classica
ufficializzazione vocale con gli amici e via web per incanalare il pensiero
totalmente in quel tunnel emozionale che se da un lato mi impauriva per quel
mare di salite che avrei dovuto affrontare dall’altro mi rassicurava per la certezza di una
condizione fisica/mentale notevole.
Si aggiungeva inoltre il l supporto di
patners che anche in quest’occasione mi avrebbero affiancato .Ringraziamenti quindi , dovuti e
sentiti a:
- Fondriest Italia e Silvio (l'agente) per la fornitura di una splendida e fiammante Fondriest F2 esteticamente molto belle e tecnicamente molto valida
- InBici mensile specializzato con il quale collaboro che mi ha procurato l’accredito come giornalista/partecipante
- Enervit sempre di supporto alla mia voglia di
faticare con i propri reintegratori che mi ricaricano di vitalità fisica
aiutandomi nel recupero
- Claudio del Surfing Shop sempre disponibile nel
smontare, montare, adattare …
- Us Bormiese per l’accoglienza e la gentilezza dimostrata in tutto il corso dell’esperienza
- Pelo per quel minimo di …….. che
mi permette di vivere e respirare emozioni fantastiche.
Si va!!!Il 14 giugno di buon ora tarda (per
affrontare una trasferta del genere)
salgo in auto puntando il muso
verso la rinomata località montana che sarà raggiunta, non senza qualche
problema di navigatore satellitare, dopo oltre 5 ore.Bormio , bella e ordinata, classicamente
montana, mi accoglie presentandomi subito, alla mia sx, l’hotel riservato dalla U.S Bormiese per il
soggiorno.
L ’Hotel Rezia o Grand hotel rezia mi da il benvenuto nei panni di un
gentilissimo signore barbuto che mi fa
strada verso il garage, mi consegna le chiavi della stanza/appartamento e , non
volontariamente, mi porta fuori strada narrandomi di 2500 partecipanti , di una
partenza alle ore 8,00 con colazione prevista alle 6,00.Rimango un po’ allibito e perplesso , non che sia un esperto di
randonne, ne avrò fatte 5/6, ma il numero di partecipanti mi sembrava veramente
eccessivo e poi avevo letto partenza
alle 5,00 …..Con tutti i miei dubbi e la colazione
fissata per le 6,00 (lui aveva letto nel programma per controbattere e tranquilizzarmi)
esco dirigendomi al quartier generale
della Valtelina Extreme dove vengo
accolto dal , credo, presidente che mi spiega la contemporaneità di due
manifestazioni ciclistiche
1- 2500 belgi che già da qualche
giorno giravano nei passi attorno a Bormio e che avrebbero concluso il loro week end proprio l’indomani
passando in orari diversi su alcune strada che avremmo fatto noi
2- la Valtellina Extreme che aveva come base il piccolo stadio
sottostante al palazzo del ghiaccio e avrebbe avuto inizio alle 5,00 (peccato
avevo già fatto gola a quelle ore in più di sonno) con un numero di 100 persone
circa al via.Andiamo giù al quartier generale dove mi mostra tutto , mi presenta Simona che
mi consegna il pacco “gara”
accompagnandomi poi , molto gentilmente, nei pressi di una pizzeria in
centro dove ho, con molta calma visto il belgiame che occupava praticamente ogni buco di
Bormio, gustato una buona pizza seguita
poi da un grande gelato offertomi da Pelo proprio mentre rientravo n albergo.
Doccia , due chiacchere telefoniche
con Paola e quello che desideravo
fosse meritato riposo in attesa delle 4 di mattina.
Purtroppo a causa di una combinazione
di eventi
A - il famoso piumino in dotazione
degli alberghi in montagna 365 giorni all’anno che , se sei coperto sudi se
stati scoperto hai freddo
B - la tensione delle grandi sfide
quel che rimaneva della notte passò
nel bianco più assoluto tra un
andirivieni di copri, scopri gira, rigira
e giochi mentali .
Inesorabile il suono della sveglia cantò
le 4 mettendo ancora una volta in evidenza il repentino
cambio di volontà .
Se fino a 5 minuti prima non vedevo
l’ora che arrivasse l’ora per mettere fine a quello “scempio” di sonno in quel preciso momento scattava il desiderio
di avere ancora a disposizione 10 minuti , mezz’ora per poter dormire
posticipando quella che sarebbe stata una fatica che già la mente considerava
impegnativa ma che ancora non sapeva quanto .
Appena 15 minuti per essere lavato, vestito ed ingloplato
dentro all’auto con direzione quartier generale dove nel effettuare le manovre
di trasloco materiale da vettura a stadio
constato che Claudio si è dimenticato di montarmi i porta borraccia
nella Fondriest F2 facendomi partire già con una piccola salita ancor prima di
montare in sella .
La soluzione di portare la borraccia
nello zaino non era certo delle più comode, il camel bag lo avevo lasciato volutamente a casa , tanto
ho le borracce ….. Fortunatamente c’è il presidente,
credo , della U.S Bormiese che con estremo atto di gentilezza, mentre
sgombro il tavolo colazione mangiando di tutto,
fa un salto veloce a casa rimendiandone uno che troverò già montato. BURP!!!
Nuvole in Cielo ma la minaccia pioggia
sembra ormai aver preso un'altra strada
dopo aver bagnato le strade per
tutta la notte anche con una certa intensità .L’arancione pre alba dona già la
possibilità di vedere chiaramente davanti a se mentre la temperatura è
gradevole ma non delle più calde.
Mi vesto cercando di non essere ne
troppo leggero ne di diventare un omino michelin , pantaloni corti , calzini lunghi a
compressione maglia termica manicotti e
maglia mezze maniche ciclistica + un antivento giallo che sfilerò non appena
entrato in temperatura.
Dentro allo zainetto , oltre al
telefono e qualche prodotto Enervit (grazie grazie) di emergenza, il prezioso giubbotto in goretex a mezze
maniche con annessi manicotti .Si accendono le luci, quasi
esclusivamente le posteriori , il gruppo si riunisce sulla pista di atletica e,
dopo un veloce briefing, parte lasciando il fascino delle sfumature rosse negli
occhi di chi osserva.
E’ sempre un bello spettacolo o per lo meno a me piacciono molto quei piccoli lampeggianti che sbavano colore nel buio.
Con un ritmo tranquillo usciamo da
Bormio abbandonando qualche chilometro
dopo la strada provinciale per immetterci nella rete locale .
L’asfalto bagnato ci da quel rinfresco
ai piedi e polpacci anche inutile di prima mattina mentre le bici scivolano silenziose
ed i driver ne approfittano per fare qualche chiacchere e conoscersi .
La strada che ci porta alla prima
salita tendenzialmente scende permettendo alla bicicletta di scivolare
raggiungendo anche velocità discrete senza fare il minimo sforzo fisico, ….mi
verrà in mente al ritorno.
Più o meno un bonus di tranquillità
lungo circa 25 km prima di entrare a diretto contatto con le maestose salite
dolomitiche.
A presentarci l’antifona di quel che
sarà di lì in poi è il signor Mortirolo le cui rampe di buongiorno fanno calare
un religioso silenzio.
Io tanta salita così non l’avevo mai
fatta e questo lo dico parlando nel totale di quello che sarà la mia avventura
sia in quella singola che passava sotto
le ruote.
Tutte lunghe , costanti e sempre
impegnative , mai un attimo di relax , di strada che spiana o flette
leggermente verso il basso .
Sempre su, sempre verso l’alto ,
caratterizzate da tornanti numerati col numero 1 in vetta che, se non conoscevi la salita , potevano
anche illuderti proprio come il
Mortirolo.
Solo 12 tornanti , ma quanti km
da un o all’altro, quante volte lo sguardo correva alla ricerca del
cartello numerato non appena vedeva la strada curvare e quante volte rimaneva poi deluso
verificando che quella era l’ennesima curva non un tornante.
La prima e lampante constatazione fu che i 27 denti del pignone posteriore
erano forse pochini per affrontare in modo degnamente agevole quel mare
inclinato verso l’alto e che forse,
ogni tanto, un minimo di organizzazione
preventiva non farebbe male , vero Pelo ?
La fatica muta e bianca ho sempre sentito dire e la fatica muta e bianca in quei frangenti
si presentava con il dolore muscolare nel imprimere la forza ai pedali,
con una corsa di gocce di sudore che mi
solcavano il viso mentre l’asfalto lentamente, molto lentamente passava dietro
alla tua figura d’atleta amatoriale.Ma anche lei ( la fatica ….) ha in fondo i suoi punti
deboli ed una mente forte riesce a metabolizzarla facendola diventare una
costante con la quale convivere lasciando la possibilità alla mente di correre
su altri fronti.
E’ sufficiente
un attimo per essere “fuori dal mondo” immerso in un magico
silenzio naturale.Captare il “rumore” dell’aria ,la
melodia del canto di uccellini
che si mescola al rumore dei
torrenti che scendono impetuosi
dalle pareti rocciose lasciandosi cadere nel vuoto.Affronti la salita, lentamente
, stanco, in certi frangenti stravolto dalla fatica ma sempre
con un espressione capace di raccontare e di trasmettere la grande
passione e gioia che stai vivendo.
C’è il rumore cadenziato della tua
pedalata , il tuo respiro , il battito
accelerato del tuo cuore ti urla la sua funzionalità facendoti vibrare il
petto regalandoti una prepotente sensazione di forza e libertà
paragonabile a quella del volo di un
uccello .Non c’è fatica che non sia
ripagata da questo tipo di emozioni e
allora sali contento su quelle strade che mai avresti pensato così impegnative
lasciando scorrere quella film sotto ai tuoi occhi mai sazi di incamerare
attimi , piccoli particolari sapientemente
miscelate dentro ad immensi spettacoli .
Le salite:estremamente dure, ….tutte, ed al contempo belle, imperiose , decise ed ognuna con un
tocco di poesia dentro che la distingue chiaramente dalle altre . Il Mortirolo con caratteristiche più
chiuse permetteva all’occhio di allontanarsi di poco
dalla sede stradale.
Un lungo tunnel della fatica con un fascino estremo
incollato addosso, asfalto rude, rovinato
e uno sguardo di sfida che fuoriusce da qualunque punto tu appoggi gli occhi.
12 i tornanti un numero sicuramente
minore rispetto alle salite che arriveranno
ma ….distanti , soprattutto all’inizio
quando in mezzo tra il 12 l’11 e il 10 potevi quasi inserirci dentro una
stagione completa di Beautifull.Gavia e lo Stevio ( da qualsiasi
parte vengano prese) e anche lo Svizzero
Umbrail permettono allo sguardo di correre libero gustandosi un panorama che, non mi stanco di
sottolinearlo, risalta la maestosità
della natura facendoti sentire piccolo , magari importante ma veramente molto
piccolo . Occhi in corsa supportati da orecchie
in una miscela immagini/rumori che impreziosisce il silenzio facendolo
diventare una melodiosa marcia d’accompagnamento.
E’ un continuo film che passa davanti
alle pupille che fermano in continuazione.
Attimi su attimi ,
uno più bello dell’altro , frangenti che ti lasciano senza fiato ,
piccole cascate che si lanciano nel vuoto dalle alture cadendo sulle rocce e creando dei giochi d’arcobaieno col sole che
splende, una spalla di neve alta anche due metri che costeggia le ultime fasi
d’ascesa al Gavia , un vero e proprio muro che ti accompagna mentre
dall’asfalto scende sotto forma di acqua tutto quello che il calore del sole riesce a
sciogliere.
I temibili cartelli di
presentazione dei passi che a volte fanno più male che bene ma in fondo ti rendono orgoglioso di averli
lasciati alle spalle. La strada che si srotola
sul versante sottostante in una incredibile serie di tornanti che hai
appena passato …gioia gaudio …. o che devi ancora percorrere …cazzocazzocazzo .
Gallerie ricavate nella roccia nuda con acqua che scende da tutte le parti
rinfrescando il tuo passaggio .La marea di ciclisti e motociclisti
(tutti corretti e rispettosi del codice devo dire) che creano vita fino
all’apoteosi del raggiungere la vetta dove
la concentrazione umana tra ciclisti, sciatori, motociclisti e
turisti trasforma il picco in una
piccola piazza piena di sorrisi e di allegro vociare.
E’ una poesia che dura delle ore (il
ritmo è quello ) e che si ripete praticamente in tutte le salite fatta eccezione per il Forcola/Bernina dal quale non ho
imparato pi ù di tanto per forze maggiori.
Affronto il 3° giro partendo intorno
alle 18,00 di Sabato in condizioni di “stanco andante” e in solitaria avendo
perso i compagni di salita Stelvio proprio nella pausa in cima a causa di un
imbadarellamento bar/vestiario non proprio dei più veloci.
I primi due giri sono stati sostanzialmente
una bellissima gran fondo percorsa a ritmi turistici respirando tutto ciò che
di bello poteva esserci.
Il quartier generale mi aveva ospitato per circa un oretta passata
tra il rimanere steso sulle panche degli spogliatoti (piedi coperti
dall’accappatoio) rilassando la mente ,per
dormire, ma non troppo per non
dormire (il gioco è sempre quello
cercare di dare il riposo alla struttura fisica ma non mollare del tutto per
non rischiare di entrare nel profondo del sonno e svegliarsi dopo 5 ore) e tra
l’offrirmi una lauta cena , l’ennesimo
recupero a base di R2 Enervit (una busta ogni giro) ed un caffè .
Zaino
imbottito con vestiario invernale per la
notte più una buona riserva alimentare (panini con bresaola e prosciutto cotto)
visto che dopo la mezzanotte difficilmente si sarebbero trovati dei Bar aperti.
Solo e col sorriso mi avvio prendendo
direzione dx all’incrocio con occhio
pronto ad individuare il primo bar utile per un espresso potente prima di
quella che sarà , probabilmente, la parte più dura mentalmente (fisicamente
ormai era tutto duro) della Valtellina Extreme .
Ripetizione del tratto stradale
percorso nel primo giro durante il quale
ho già la possibilità di carpire una certa stanchezza mentale che mi permette
di fare qualche errore moto grossolano
come l’entrare nella strada statale a percorrenza veloce (vietata alle bici) e re-imboccare
la strada per salire al Mortirolo fatta in mattinata. Il ritmo è tranquillo e costante mentre attraverso i vari paesi di fondo valle che mi avvicinano
alla salita, le luci della notte danno il cambio a quelle diurne e la gente comincia a sgranare gli occhi al tuo
passaggio.
Alle 22 e qualche spiccio attraversando Tirano sono vittima di una decisione estemporanea che mi offre un
caffè più una coppa di gelato da 4,00 € che
mi gusto seduto al tavolo mescolato tra le coppiette/compagnie del sabato sera
.Il tempo di dare la buonanotte a Paola
e mi rimetto in sella soddisfatto per il
gusto gelatoso un po’ meno per l’effetto che sento in pancia.
Centro paese, alla chiesa a dx e poche centinaia di metri dopo il cartello del
passo mi saluta.Ad essere sincero faccio un po’ di
confusione tra Forcola , Bernina.
Penso, e credo di aver letto
Forcola ma non so , forse lo abbandono subito girando a
sx e attraversando la frontiera con la Svizzera
o forse era il Bernina.
Lascio lì il dubbio proprio mentre entro in uno stato di
esistenza parallela nel quale
probabilmente è una sorta di forza mentale inerziale a prendere il sopravvento.
C’è una sola e ondulata strada
principale da seguire alla quale non vi sono praticamente alternative sensate.
In una sorta di limbo di non sicurezza
condivido le pedalate con la strana sensazione (fra l’altro una verità) di chi
non conosce il luogo e si avventura alla
cieca senza chiedere.Ragiono, sono ancora in grado di
farlo, evidenziandomi la strada unica,
le non alternative non nascondendomi il
fatto che non conosco il posto , è naturale che abbia la sensazione ….. in Svizzera poi …. e al buio.
Niente da fare …. quell’insicurezza si
muove vorticosamente dentro me come togliendomi l’aria a tal punto che sento l’esigenza di chiedere
informazioni a costo fermare qualcuno di passaggio col rischio, fra
l’altro, di non capire un eventuale lingua tedesca.Nessuno, nessuno di nessuno in quella
strada che pareva anche ad alta percorrenza …discreta percorrenza .
E’ già domani, forse da oltre una
mezz’orretta, quando vedo alla mia sx
(di là dalla strada) un bar/pub ancora aperto.
Deviazione secca , cavalletto fittizio
appoggiata al muro e col rumore di un cowboy
entro nell’ , in quel momento,
saloon con la mia scarpa rovesciata (punta in alto).Il locale è condotto da due ragazze al
momento indaffarate a chiaccherare con
un cliente.
Parlano Italiano (Svizzera Italiana Andrea?
) e questa è la prima notizia buona seguita a ruota dall’altra che mi conferma di
essere sulla giusta via.
Tolgo le curiosità alle ragazze che mi
chiedono lumi su cosa stia facendo visto
che non è il primo ciclista che vedono.
Con la sicurezza in corpo dicendo un “hai visto? “ alla parte di Pelo
ansiosa rimonto sulla bici rimettendo in
moto l’inerzia .
La strada sale , rimango disperso ,
ma più tranquillo , alla mia dx un lago
mi conferma che sto seguendo la strada giusta, lo avevo letto nel road book.
Praticamente gli giro intorno virando la punta della mia bici verso Dx.
Non ho più riferimenti chilometrici
già da un po’ di tempo visto l’assentarsi per questione di batterie del mio
910xt e per contro non ho neanche un
riferimento temporale se non quello
mentale/a spanelle che potrebbe anche non essere preciso preciso .
Il Lago , due rotaie alla mia dx
ora , alla mia sinistra fra qualche
centinaia di metri , qualche paesino , una pipì sotto alle finestre una casa
col terrore che esca qualcuno a
sgridarmi e poi , sempre nel mio
limbo ho come la sensazione di entrare
in campagna confermata col passare dei
chilometri da un panorama ( a vista d’occhio) diverso , con campi e abitazioni
con l’aia.Una musica “unz unz unz” comincia a
riempire l’aria proprio mentre il pensiero della batteria del fanale riempie la
mia mente.
Fatti , misfatti e capricci
Vedo una lucina rossa riflessa sul
cerchio della bicicletta , indica la
“riserva” , due conti al volo mi donano la tranquillità sulla resistenza della batteria
proprio mentre si spegne. Sono davanti all’entrata della discoteca dalla quale
parecchi giovani escono ed attendendo i genitori sulla strada .
La memoria visiva mi mostra il gesto
fatto per inserire la batteria di riserva nello zaino.
Appoggio la bici alla rete e,
togliendomi lo zaino ciccione più che mai dalle spalle, apparecchio il cofano
di una vettura mentre mi sento oggetto degli sguardi e risate dei giovani.Il problema non sussiste, mantengo la
calma e visto che ho apparecchiato mi
mangio anche due panini alla bresaola e formaggio gustandone tutto il valore
proteico.
Monto la nuova batteria e con un
fascio che taglia l’oscurità della notte riparto salutando i ragazzi presenti
….unz unz unz .
Strada che si stringe , un borghetto e
poi un bivio nel quale seguo la strada
più grande che piega a Dx salendo.
100 metri e l’asfalto lascia il posto
alla strada bianca segnalata da lavori
in corso con cartelli che passano sotto
ai miei occhi e dentro alla mia mente visto che commento la precisione svizzera.
50 metri di strada bianca e li
dimentico suggerendo a quello che tiene
le mani sul manubrio che una strada
bianca non poteva essere quella giusta .
Pochi minuti e sono di nuovo al bivio.
Seguo l’indicazione per un nome di paese che in fondo mi sta simpatico …. 300
metri circa , rallento e “spavento” una
donna che sta uscendo dall’auto in giardino.Saluto educatamente , sorrido al suo
sobbalzo e chiedo .
La strada giusta è quella sopra però lei consiglia di passare da sotto
(asfalto migliore) e di non preoccuparmi perché quella strada si inserirà
proprio nella salita per/del Bernina .
Avanzo sicuro, anche se il dubbio che
mi abbia raccontato delle panzane mi gira dentro, la strada scende per poi
salire ed andare ad immettersi con un incrocio a T in una strada più grande che
mi sembra proprio quella interrotta dai lavori in corso.
Risolvo subito il dubbio sulla
direzione che devo prendere:
- la salita Pelo , se devi fare il
passo e venivi dalla tua dx …..
E risolvo subito dopo anche il
problema su quanta salita dovrò affrontare
sfruttando proprio il metodo a spanelle.
- Da
poi che pedalo saranno passate pure X
ore, se pedalo da X ore , anche non andando forte, avrò fatto pure X km
e se ho fatto X km considerando
che il giro è 123 km e ci deve essere
ancora la salita finale questa salita
sarà al massimo di 4 km o poco più …… ricordi la planimetria Pelo ?
Tutto a posto.
Non so quante ore dopo, a spanelle
interminabili, salivo ancora con la
classica pedalata divisa in due (neanche il buon Fantozzi alla Coppa Cobra)
desideroso di qualcosa che cambiasse quella situazione statica.
Ai miei occhi solo l’alone bianco
della luce sull’asfalto, nulla più.
Una
notte senza luna non mi permetteva, alzando la testa, di rendermi conto a che
punto della salita ero, non riuscivo proprio a distinguere le ombre della cima.Tempo lento, pedalata lenta, ogni tanto
piedi per terra cercando di avere una visione della situazione più
chiara mentre rifiatavo.
Non riuscivo!!!
Andavo così avanti ripentendomi che prima o poi la salita sarebbe
finita e che ormai avevo, …..probabilmente
…chissà ….fatto X km e che quindi, …forse …ma si … , sarei
arrivato alla cima .
Ero però tornato nella situazione
precedente , quella delle conferme .
10 minuti dopo fermo una delle rare
auto di passaggio, è un Y italiana
condotta da una signora (lo ricordo dalla voce
…altro non ricordo) che mi conferma
di essere sul Bernina e mi assicura che
la frontiera dista al massimo 3 - 4 tornanti.
Attanagliato da ricordi Mortirolesi adotto un imperativo un po’ brusco:
- Lei
mi deve dire quanti metri mancano , non i tornanti.
Sorridendo mi tranquillizza parlandomi
di circa un km .
Solo pochi minuti e finalmente la vedo, bella deserta, più imponente di
quello che mi aspettavo e dotata di luci automatiche che si accendono per x
secondi captando il movimento.
Ne approfitto per appoggiare il piede
a terra e consultare il road book con
attenzione ma ….attenzione quale dico ora
sapendo come andranno le cose dopo .
Scendo
per qualche km , risalgo per qualche altro mentre sulla mia testa appaiono i punti
interrogativi come capitava al gatto Felix.
Arrivo ad un'altra casa di frontiera,
c’è un cartello Livigno che a dire il vero non mi aspettavo visto che credevo di essere già nella salita
conclusiva.
La strada inverte ancora una volta la
pendenza, mi lascio andare mentre batto i denti
dal freddo ….. tanto è corta ……
fino alla piana di Livigno quando ormai trasformato in un bo-frost pedalante
sosto in una pompa di benzina per
vestirmi di tutto punto.Indosso tutto ciò che ho nello zaino
meno il panino ma solo perché non sapevo come si infila.
Pantaloni lunghi felpati
sopra a quello belga in lycra , manicotti più giubotto in goretex indossati sotto al giubotto invernale, guanti sottili termici più
guanti invernali lunghi, copri scarpa
gommoso che non ho usato neanche in Minnesota a meno 36 gradi, buff sotto casco e riparto con le netta
sensazione di essere un tantino impacciato nei movimenti.
Circa 1 km e invece di attraversare Livigno si gira a destra dove la strada inizia
a salire dandomi la netta impressione che
forse quella di vestirmi non era stata
poi una grande idea (freddo a parte)
Ricalcolo……….ripenso ma non ne ho
neanche il tempo ci pensa quel cartello verticale e raccontarmi la realtà:
“Passo del Fuscagno km 13,5”
Pelo frena e scende dalla bici mentre con
l’aria curiosa lo osservo.
Si siede sul muretto divisorio a bordo
strada.
- E
allora ? gli chiedo
- Io
questa salita non la faccio !!! 13,5 km
…..dovevano essere 4 ? NON LA FACCIO
Rimango a guardare mentre da seduto
lascio cadere il busto indietro
appoggiandomi sull’erba.
Lascio che gli occhi si socchiudano cadendo
pian piano nell’inizio del sonno
godendomi il piacere delle palpebre che cedono mentre la testa corre tra pensieri e piccoli sogni in modo
alternato.
5 minuti, non di più poi le parole risolutive:
- Ho
capito, la salita non la fai ma …… cosa fai allora? Dove pensi di andare ?
“Terra degli uomini” suona nel telefono (- a volte i forzuti si
accasciano J
) sono le 4,00 ho dimenticato di
togliere la sveglia.
Il cielo pian piano schiarisce e
Andrea Pelo di Giorgio risale sulla fedele Fondriest F2 riprendendo la tranquilla pedalata che lo
porterà fino ad un ampio tornante un km avanti
dove uno stop tecnico gli da la
possibilità di svestirsi evitando una
sudata eccessiva.
L’idea che ogni tanto qualche
preghiera venga ascoltata arriva pochi
km più avanti quando la strada cambia
pendenza inclinandosi verso il basso per 6,5 km
…… veloce, tranquilla, non impegnativa , bastava solo lasciar scivolare
la bicicletta ….che gusto Andrea, che
regalo !!!
La vetta del Fuscagno mi attende e con lei lo fanno anche i Finanzieri che appongono il timbro di controllo sulla
mia carta legalizzando il mio viaggio.
I 20 km che distano da Bormio,
praticamente tutti in discesa, mi raccontano un panorama nuovo composto
da un mal di collo (non riesco a tenerlo con lo sguardo in avanti soprattutto
quando l’asfalto non è regolare) che mi costringe a varie soste per esercizi di streccing, mal di mani (raramente
tengo l’impugnatura bassa in bici e questo comporta una pressione del corno del
freno tra pollice e indice che diventa dolorosa quando devi sempre tenere la
bici frenata affinchè non prenda velocità visto che il collo non riesce a
garantire la visione della strada).
Arriva anche una botta di sonno che negli
ultimi 10 km mi fa ciondolare la testa
entrando nel mondo del pre-sogno per
veloci istanti.Finalmente arrivo, sofferente, stanco
ma col sorriso.Imbocco direttamente lo spogliatoio
nel quale non mi cambio neanche tanta è la stanchezza .
Le solite panche mi accolgono mentre
metto sotto carica il 910.Finalmente un po’ di relax , copro le
gambe e lascio trascorrere il tempo respirando profondamente .Lo stesso rituale che mi porterà a rialzarmi dopo un po’ a prepararmi un R2 di recupero, sedermi al
tavolo per colazione, pranzo, caffè, the, coca cola tutto insieme e per commentare con gli amici quanto fatto concludendo, tutti d’accordo, con la frase
“in qualche modo faremo anche quest’ultimo giro”.
Rinfrancato dal fatto
che l’ultimo giro è il più corto , 99 km, parto con l’ottimismo addosso
dimenticandomi che ha volte è consigliato
essere presenti mentalmente perché andare a dx al posto che a sx e fare
oltre 10 km in più in fondo non è la cosa più simpatica del mondo.…Gavia e Mortirolo , direzione inversa
rispetto al primo , sulla carta più facile ….giusto lì.
La strada comincia a salire subito,
nella mia testa vale sempre la stessa considerazione “Gavia
17 km (più o meno) + 9 di avvicinamento = Gavia 26 km”- Piano
piano Andrea . (no perdo lo spirito).
Il Gavia non mi racconta niente di
nuovo in relazione al discorso fatica, anzi ne aggiunge ancora inserendo a
questa anche una stanchezza da assenza di sonno che prepotente mi assale obbligandomi a qualche sosta appoggia
piedi e ad un micro sonno su di un bellissimo prato verde.
Con cura cerco il posto con lo sguardo
e quando ritengo di aver trovato un posto sufficientemente comodo e ombreggiato
mi fermo.
Ho anche la malizia di appoggiare la
bici in modo ordinato proprio per dare l’impressione di una sosta riposo e non
di una caduta o di essermi sentito male.
Aggiungo a questo anche una posizione
ordinata nel riposo ….quella da morto J
che chissà com’è in condizioni di stanchezza mi rilassa tantissimo.
Steso sul soffice manto erboso con le
braccia incrociate sul petto e mani appoggiate
sul deltoide anteriore mi lascio
rapire da quella benefica sensazione (meglio di qualunque cosa) rimanendo a
cavallo del confine sonno/presenza .
Qualche minuto di relax che va a
gonfie vele fino al passaggio di un
ciclista Francese/Belga che pensa bene
di svegliarmi preoccupato per la mia salute.Gli sorrido aprendo gli occhi , tutto bene , grazie !!!
Risalgo in bici, il sole irradia la
giornata e il paesaggio è splendido, c’è chi firmerebbe per essere qui adesso.
Arriva la neve al mio fianco, i rivoli d’acqua cominciano a scendere
sull’asfalto mentre il traffico di gente si fa più intenso per raggiungere una notevole densità sul
passo.
Sono al rifugio , timbro, firmo e mi
siedo a tavola, caffè , due cioccolatine
ripiene di non ricordo cosa, una coca cola e un panino prima di affrontare la discesa che riporterà
a galla il dolore al collo e il
consequenziale alle mani.
La strada spiana , è rimasto solo il
Mortirolo a rovescio ….l’ultima fatica Andrea, l’ultima.La barista nel cui bar prendo un
ennesimo caffè alla mia domanda sulla
distanza dell’inizio salita per il Mortirolo
mi vuole far credere che esso ha solo una salita e io sono fuoristrada.
Gli dico più volte, spiegandogli
bene, che il giorno prima avevamo
percorso il Mortirolo scendendo
da una strada che sbucava non distante dal suo bar ma lei
sicura ribatte la sua idea :
- Il
Mortirolo ha solo quella salita ! Non
posso esserle utile!
Coda tra le gambe e via , pochi km a
dx c’è la temibile ascesa .
Dura anche a rovescio , pochi tornanti
anche a rovescio con distanze abissali
tra il primo, il secondo e gli altri raggruppati nel finale.
È un agonia ma non gli do più peso, è l’ultima e quel
piccolo numero 1 arriverà davanti ai miei occhi.
Caldo, sudore che scende sul viso ma pedalato dopo pedalata
ricopro la distanza che mi divide dalla
serie di tornanti che si arrampicano fino al numero 1.
Gli ultimi 500 metri e appoggio i
piedi a terra al controllo orario passando in mezzo ad un gruppo di
motociclisti stomacati, svaccati e dotati di sigaretta in bocca o pacchetto sotto
la manica della t shirt ribaltata.
Registrazione passaggio, coca cola ,
due tre bustine di zucchero e non so
cos’altro , risposta esaustiva alle domande dei motociclisti che scuotono la testa ed in contemporanea a loro riparto ….ultimi
500 metri di salita prima di quella che
sarà la discesa più dolorosa della mia carriera ciclistica.
L’asfalto “merda” riportava tutte le
vibrazioni al collo , le mani faticavano a tenere tirate le leve del freno e la
pendenza era sempre e costantemente pendente.Mi viene quasi voglia di salita.La fine discesa e la seguente
pianura viene accolta in un clima
festoso dalla mia mente che già si porta avanti senza pensare che manca
comunque ancora abbastanza tempo .
Sono veramente stanco, il fisico è
provato, pedalo spesso in piedi , ho dolori al collo , ai tricipiti, le mani
con le vesciche (nonostante i guanti) ma
sento dentro un prepotente sorriso farsi sempre più largo sul viso.
Qualche km e sarò al famoso semaforo
dove l’uomo col cappello del tutto ingaro mi sferzerà l’ultimo duro colpo
trasformando il 10 (km) in 20 mettendoci anche della salita.
Ero lì a cavallo della “mia” Fondriest F2 mezzo tecnico di cui avevo potuto apprezzare a pieno le notevoli qualità principalmente nei primi due giorni durante i quali ancora la stanchezza mi permetteva di guidarla con più veemenza portandola, sicuramente, più all'estremo.
Docile e precisa mi ha sempre seguito non "scossando orecchia" nell'effettuare brusche correzioni di traettoria.
Calma e comoda nella seconda parte quando ormai le mie forze non mi permettevano di testarne le qualità Unica pecca, la mia, non aver fatto montare un rapporto con più denti...tipo 30 ... che sicuramente mi avrebbe sfiancato meno la muscolatura che ringrazia
Enervit, specialmente R2 , per l’aiuto nel recupero .
C’è spazio per le mie emozioni più
intime mentre affronto gli ultimi km , quando entro in quello che sarà il viale
finale , è il solito rimescolarsi di sensazioni e pensieri magici che mi bagnano gli occhi ,
che mi fanno sentire grande con me stesso e vivo in un modo tale che “vivo” non
riesce a trasmettere quanto.
E' 16 giugno, il compleanno di Giuly
Un abbraccio stretto, un
grosso bacio e tanti grazie prima di
asciugare le lacrime e far splendere il sorriso
entrando nello stadio di Bormio.
36 ore non stop , 467 km
, 12550 m D+
Andrea Pelo di Giorgio…..
Camoscio.
Un grande grazie a tutta
la US Bormiese
Nessun commento:
Posta un commento